Come creare un’app e conquistare l’attenzione degli utenti.
Per chi deve progettare e creare un’app o comunque dei prodotti digitali, oggi la vera competizione si basa sulla conquista di un fattore ben preciso: il tempo. Chiunque sia coinvolto nello sviluppo app, sa che si tratta di una risorsa sempre più limitata. In questo articolo cercheremo di rispondere alla domanda: “Come creare un’app di successo?”, si tratta ormai di un quesito che tutte le aziende, ma anche i privati, si pongono.
Come creare un’app di successo: catturare l’attenzione
Nel mondo dove viviamo, perennemente sovraesposti ad un enorme numero di stimoli e distrazioni, conquistare il tempo delle persone è diventato un compito sempre più arduo.
Le aziende oggi raggiungono il successo se, e solo se, riescono a guadagnare l’attenzione degli utenti. Ma questo non è sufficiente: quando si deve sviluppare un’app, bisogna pensare che non basta il primo tap e neanche il secondo. È fondamentale infatti riuscire a comprendere come agire per “catturare” il proprio utente e fare in modo che quest’ultimo sia stimolato a ritornare ancora, ancora e ancora. Ecco perché creare un’applicazione richiede uno studio strategico.
Oggi la vera sfida consiste nel riuscire ad entrare nella mente delle persone per formare abitudini. Queste ultime sono definite dagli psicologi cognitivi come “comportamenti automatici innescati da segnali situazionali”.
È la situazione che si verifica ogni volta che, annoiati, apriamo Facebook e cominciamo a scorrere la news feed senza una motivazione apparente. Oppure quello che accade quando sentiamo l’innato bisogno di postare la foto appena scattata al Colosseo su Instagram.
Viviamo nell’era in cui i prodotti e i servizi di successo sono quelli in grado di modificare la nostra quotidianità entrandone a far parte. Progettare un’app significa andare a competere con migliaia di abitudini che gli utenti già hanno e trovare il proprio spazio all’interno della routine giornaliera.
Come scrive Nir Eyal nel suo best seller “Hooked”:
“Le tecnologie che utilizziamo ogni giorno spesso si sono trasformate in compulsione, se non in vere e proprie dipendenze.”
Progettare un’app con design e tecnologie persuasive: il modello di BJ Fogg
Il Dr. BJ Fogg, fondatore del “Persuasive Tech Lab” alla Stanford University, ha strutturato un modello in grado di supportare ed aiutare ricercatori e designer a comprendere più in profondità il comportamento umano e di conseguenza a progettare un’app che possa far scattare quei meccanismi inconsci nella mente umana per renderla abitudinaria.
Il modello in questione, il Fogg Behaviour Model (FBM), struttura e definisce tutto ciò che è necessario avvenga perché una persona possa adottare un determinato comportamento. Si tratta del prodotto di tre fattori: motivazione, abilità e trigger. Perché il modello possa funzionare è necessario che tutti e tre gli elementi occorrano nello stesso identico momento. Chiunque voglia sapere come creare un’applicazione abitudinaria, dovrebbe sempre tenere a mente i tre fattori.
Il Fogg Behavior Model è spesso utilizzato nell’analisi e nel design di tutte quelle che vengono identificate come tecnologie persuasive. Parliamo di tutti quei prodotti e servizi che fanno leva, ed hanno successo, solo ed esclusivamente se il cambiamento del comportamento dell’utente riesce ad essere completamente automatizzato.
Per realizzare esperienze persuasive in grado di cambiare le abitudini delle singole persone, è necessario che progettisti e designer, nel momento in cui devono sviluppare un’applicazione, tengano sempre ben presente quanto sia importante il ruolo della psicologia cognitiva ai fini del proprio lavoro.
Come creare un’app: i tre fattori del FBM
Fogg inquadra il suo modello all’interno di un piano cartesiano dove l’asse verticale definisce la motivazione, mentre quello orizzontale il livello di abilità. In alto a destra invece troviamo una stella che rappresenta il comportamento da innescare nel nostro target. Creare app di successo, vuol dire essere in grado di innescare questo comportamento nel target.
Primo caso: grande abilità, ma bassissima motivazione
Il primo scenario che ci presenta Fogg è un classico. Il proprietario di un sito web cerca di persuadere un utente ad iscriversi alla propria newsletter. Inserire la mail all’interno di un form apparso dal nulla risulta essere un compito banale per la maggior parte di noi.
Ma nel momento in cui subentra la componente motivazionale però la storia cambia drasticamente. Molte persone potrebbero non essere così motivate ad inserire la propria mail perché, magari, non intravedono alcun vantaggio nel farlo. Semplicemente, non sono motivati.
Secondo caso: poca abilità, ma grande motivazione
Cosa accadrebbe invece nel momento in cui un utente fosse poco abile nell’eseguire un compito, ma estremamente motivato nel portarlo a termine? L’esempio che fa BJ Fogg riesce a definire perfettamente lo scenario in questione.
L’utente è estremamente motivato ad inserire la propria mail all’interno di un form (il proprietario ha promesso in regalo un libro o addirittura dei soldi). Per farlo, però, è costretto a risolvere un complesso enigma matematico e non ne è capace. Nonostante la grande motivazione, questa, da sola, non basterà al povero utente per compiere e concludere l’azione.
Due scenari semplici in grado di chiarire come, la presenza di una sola delle due variabili, non sia sufficiente affinché l’utente possa compiere un’azione.
Ci troviamo però all’interno di due casi limite. Nella maggior parte del tempo lo scenario che ci troviamo a dover affrontare ci pone di fronte a persone con un modesto livello di motivazione e abilità.
Come creare un’app: incentivare la motivazione
Il modello di Fogg ha un obiettivo ben definito: motivare un utente già abbastanza abile a compiere un’azione. Ma la motivazione è un concetto ampio e proprio per questo BJ Fogg ha creato una struttura in cui poter identificare tre “motivatori” principali, ognuno con due sfaccettature.
- Motivatore #1: Piacere/Dolore.
È immediato. Si tratta di motivatori che fanno leva su caratteristiche primordiali dell’uomo. Piacere e dolore hanno una funzione di auto-conservazione. Ogni progettista sa che aumentare il livello di motivazione spesso significa sfruttare uno di questi due fattori, anche se, per quanto riguarda il dolore, potrebbe essere un rischio.
- Motivatore #2: Speranza/Paura.
Anticipa un risultato. Speranza e paura hanno una caratteristica in comune: entrambe fanno leva sulla possibilità di poter anticipare qualcosa, nel primo caso un risultato positivo, nel secondo, ovviamente, negativo. Speranza e paura hanno un effetto dirompente nelle tecnologie persuasive. Ad esempio, un utente che decide di iscriversi ad un sito di incontri è spinto dalla speranza di poter trovare la propria anima gemella.
- Motivatore #3: Accettazione sociale/Rifiuto.
Il terzo motivatore ha una duplice valenza sociale che, nelle sue opposte accezioni, accettazione sociale e rifiuto, controlla molti dei nostri comportamenti quotidiani. È abbastanza chiaro come le persone siano motivate a comportarsi secondo i dettami imposti in qualche modo dalle convenzioni sociali. E probabilmente sono ancor più motivate ad evitare tutti quei comportamenti che invece possano essere considerati come socialmente devianti.
L’avvento e la crescita inesorabile dei Social Media e del loro ruolo all’interno della vita delle persone ha amplificato la potenza dei motivatori sociali. I comportamenti che adottiamo su Facebook e i contenuti che pubblichiamo, sono sempre guidati dal nostro desiderio innato di essere socialmente accettati.
Come creare un’app: inserire gli elementi di semplicità e aumentare l’abilità dell’utente
La semplicità è un altro tema essenziale all’interno del modello di Fogg.
Nell’ambito di un progetto digitale, semplificare è la massima sofisticazione ed è, probabilmente, la sfida più complessa per progettisti e designer.
Parlando di design e tecnologie persuasive, incrementare l’abilità significa riuscire a semplificare tutti quei processi che portano l’utente a compiere un’azione. Il tasto “Acquista tutti gli articoli con 1-Click” su Amazon rende chiaro come la semplicità di un gesto possa portare le persone ad acquistare di più.
BJ Fogg nel suo modello identifica e descrive sei fattori di semplicità strettamente connessi tra loro.
- Tempo: se al nostro utente chiediamo di investire troppo tempo in un’attività rispetto a quello che sarebbe disposto a dedicarci, lo stiamo ponendo di fronte ad un compito complesso. Il tempo è quanto di più prezioso potremmo chiedere ad una persona.
- Soldi: chiedere denaro a chi ha un potere di spesa ridotto è estremamente difficile e rappresenta uno dei fattori di semplicità più delicati da affrontare. In questo caso il contesto varia in base al potere d’acquisto del singolo utente.
- Sforzo fisico (“Physical Effort”): terzo fattore di semplicità è rappresentato dallo sforzo fisico al quale potrebbe essere sottoposto un utente.
- Sforzo mentale (“Brain Cycles”): chiedere ad una persona un grande sforzo mentale potrebbe non essere sempre facile. Pensare profondamente e soprattutto pensare uscendo fuori dai propri schemi non è semplice.
- Devianza Sociale (“Social Deviance”): il quinto fattore è quello che Fogg definisce “Social Deviance” e comprende tutte quelle azioni che costringono l’utente ad adottare comportamenti considerati socialmente devianti.
- Fuori Routine (“Non-Routine”): le persone tendono ad adottare comportamenti che rientrano all’interno di uno schema di routine quotidiana. Gran parte di noi trova complesso cambiarla, spesso anche nel caso in cui, facendolo, otterrebbe dei vantaggi.
Il profilo di semplicità di ogni persona è differente ed i fattori cambiano non soltanto in relazione all’individuo, ma anche in base al contesto. L’analisi di Fogg porta alla definizione di una funzione:
La semplicità è una funzione della risorsa che scarseggia nell’utente al momento dell’attivazione del trigger. [BJ Fogg]
Elemento chiave è la “scarsità”. Il compito fondamentale di un designer deve essere quello di riuscire ad identificare quale sia la risorsa che scarseggia all’interno del proprio target e colmare la carenza.
Successo, nel design persuasivo, significa riuscire a focalizzarsi subito sulla riduzione delle complessità piuttosto che sull’aggiunta di nuove motivazioni.
Questo perché le persone resistono di più a nuove motivazioni, ma amano la semplicità.
Come creare un’app: attivare l’utente con le tre tipologie di triggers
Abbiamo parlato di motivazione e abilità, ma, da sole, queste due componenti non servono a nulla. Il comportamento deve essere in qualche modo “attivato” (to be triggered). Senza un trigger, anche l’utente più abile e motivato, non avrà la possibilità di agire.
Il trigger può essere identificato come un suono, un messaggio di testo, una notifica. Perché funzioni è necessario che convergano, nello stesso identico momento, tre fattori:
L’utente deve poter notare il trigger.
Il trigger deve essere associato ad uno specifico obiettivo.
L’utente deve essere abbastanza abile e motivato per agire.
C’è poi un ulteriore elemento centrale nell’analisi di Fogg, il tempo.
“Il tempo è spesso l’elemento che manca perché avvenga un cambiamento di comportamento. Questo fattore è così importante che ad esso gli Antichi Greci assegnarono un nome: kairos — il momento opportuno per persuadere.”
[BJ Fogg]
Nel corso delle nostre giornate siamo circondati da trigger che però, in molti casi, provocano solamente fastidio e frustrazione. Basti pensare ai messaggi di spam che ci ritroviamo nella cartella di posta elettronica o ai pop-up in cui ci imbattiamo navigando nel mare magmun del web.
Fogg identifica tre tipologie differenti di trigger: Trigger Sparks (scintille) in grado di motivare una persona, Trigger Facilitator (Facilitatori o Abilitatori) con il compito di semplificare un comportamento ed infine Trigger Signals (Segnali) con il compito di ricordare qualcosa all’utente.
Trigger scintilla: funziona nel momento in cui alla persona manca la giusta dose di motivazione. Per questo deve necessariamente essere accompagnato ad uno dei tre elementi motivazionali.
Trigger facilitatore (o abilitatore): perfetto per tutti quegli utenti molto motivati ma poco abili. Lo scopo di questa tipologia di trigger consiste nel rendere più semplice un determinato compito. Essenziale è il tempismo. Infatti, il trigger deve intervenire nel momento preciso in cui il comportamento risulta essere più facile da adottare.
Il trigger facilitatore viene sfruttato da quasi tutti i Social Network che, per crescere velocemente, invitano gli utenti a connettersi con i propri amici presenti sulla piattaforma attraverso l’utilizzo della rubrica.
Trigger segnale: questa terza e ultima tipologia di trigger funziona esclusivamente quando l’utente è già abbastanza abile e motivato. Difatti si tratta di un semplice remainder che non ha il compito né di motivare, né tantomeno di facilitare un task.
La diffusione capillare di tecnologie e design persuasivi, insieme a quella dei dispositivi mobile ha reso i trigger elementi sempre più presenti all’interno delle nostre vite. In particolare, va sottolineato come gli smartphone, veri e propri “contenitori di trigger”, siano stati al centro di questa rivoluzione diventando lo strumento che più di qualsiasi altro ha contribuito alla crescita di business che fanno dell’abitudine il loro vero punto di forza.