Elogio alla lentezza: rallentare per comunicare meglio

1. Pesci rossi

Come comunicare oggi? Viviamo in una società letteralmente ossessionata dalle immagini. Frenetica, dai ritmi serrati. Le piattaforme di social networking “premiano” contenuti sempre più brevi, perché è sempre minore il tempo che come utenti riusciamo, o vogliamo, dedicare ad un singolo contenuto. 

 

Secondo uno studio svolto da Microsoft cinque anni fa, la nostra soglia d’attenzione media nel 2000 era di circa 12 secondi, nel 2015 è scesa ad 8, e l’impressione è che si tratti di numeri destinati a decrescere ancora. 

 

Per la cronaca, la soglia di attenzione di un pesce rosso è pari a 9 secondi.

 

Ma questo cosa vuol dire? Stiamo forse regredendo? Assolutamente no. Il nostro cervello non è in regressione, si sta semplicemente adattando al contesto, al mondo iperconnesso, al costante flusso di stimoli, alle molteplici fonti di informazione. Bruce Morton, ricercatore del Brain & Mind Institute della University of Western Ontario, ha spiegato come il nostro cervello, ora, si trovi in una fase di transizione d’allenamento. Cambia il modo di comunicare.

 

Gli stili di vita digitali stanno riducendo la capacità d’attenzione prolungata nel lungo periodo ma provocano esplosioni intermittenti di grande attenzione. Il grafico qui in basso, elaborato da Killan Branding, descrive bene quanto la nostra soglia d’attenzione sia legata al contenuto. Minore è il volume, più tende a ridursi.

 

Comunicare al meglio

 

2. Il lato oscuro

Proviamo ora a porci qualche domanda. 

 

Quante volte non portiamo a termine la lettura di un articolo perché non aspettiamo altro che passare al successivo? Oppure, quante volte ci fermiamo al titolo perché desideriamo continuare a scorrere la timeline? 

 

L’accesso, di fatto illimitato, alle fonti d’informazione ha rappresentato certamente una conquista enorme. Ma, allo stesso tempo, rischia di creare delle storture. L’infodemia è una di queste. Si tratta di un fenomeno con il quale, senza accorgercene, facciamo i conti quotidianamente. Si verifica quando la quantità di informazioni che circola è tale da rendere complicato orientarsi nel prendere posizione su un determinato argomento e trovare fonti affidabili. 

 

Questo porta ad ansia, conflitto, diffidenza, disinformazione e polarizzazione del dibattito. L’economia comportamentale spiega che, posti di fronte a due scelte, è più facile cambiare idea. Ma più le opzioni aumentano, più siamo portati a restare fermi sulle nostre posizioni di partenza.

 

3. Rumore di fondo

Siamo sottoposti a così tanti stimoli, che siano informazioni o pubblicità, da poter quasi sentire un continuo e fastidioso rumore di fondo. Per questo abbiamo sviluppato degli anticorpi: abbiamo smesso di ascoltare. Sentiamo. O, ancora peggio, ascoltiamo tanto quanto ci basta per poi parlare noi. 

 

Proviamo ora comunicare in maniera più sintetica quello detto finora e concludere con il massimo della chiarezza.

 

Siamo sempre meno concentrati, siamo perennemente iperstimolati e viviamo in un contesto digitale estremamente rumoroso. Ebbene, come affrontare questo scenario? Facendo ancora più rumore. Si tratta, ovviamente, della peggior soluzione possibile, ma proviamo ad analizzarla più nel dettaglio.

 

Fare ancora più rumore può voler dire semplificare il messaggio a tal punto da snaturarlo o addirittura alimentando il calderone delle fake news.

 

Utilizzare una particolare figura retorica, l’iperbole. Quindi portare all’eccesso il significato di un’espressione, amplificando o riducendo il suo riferimento alla realtà per rafforzarne il senso e aumentarne, per contrasto, la credibilità (definizione Treccani). Ad esempio, per una marmellata, scrivere sull’etichetta che contiene più del 100% di frutta. 

 

4. Approcci differenti

Personalmente sono un appassionato di sport. Forse anche più che un appassionato e proprio per questo voglio raccontarvi due approcci differenti allo stesso problema che riguardano proprio lo sport.

 

Il quesito di partenza è molto chiaro: i giovani sono sempre meno attenti e catturare la loro attenzione diventa ogni giorno più complicato e, per chi si occupa di entertainment, questo è un grande problema. La cosiddetta Gen Z, inoltre, rappresenta il cliente di domani ed è necessario costruire un’offerta che guardi soprattutto a loro.

 

L’approccio nel mondo del calcio. Ragazze e ragazzi guardano sempre meno le partite e sempre più gli highlight perché abituati a contenuti on demand. Una soluzione l’ha proposta Andrea Agnelli, presidente della Juventus e anche dell’ECA (European Club Association): “Ormai le partite intere in tv non le guarda più nessuno, a meno che tu non sia un tifoso sfegatato. Prepariamo abbonamenti su misura per gli ultimi 15 minuti di gioco effettivo”.

 

Si tratta di una risposta semplicistica ad un problema complesso. Dovresti aver capito che comunicare di questi tempi non è per niente semplice.

 

L’approccio del mondo della Formula 1. Nel corso degli ultimi due decenni la F1 ha perso appeal e non ha fatto quasi nulla per attrarre un nuovo pubblico, soprattutto i giovani. Ha sempre messo in primo piano la tecnologia e le auto rispetto al resto, arroccandosi su posizioni elitarie. Ha scelto di parlare sempre ad un pubblico di grandi appassionati.

 

La nuova proprietà della Formula 1, Liberty Media, ha lavorato sin dal suo arrivo nel 2016 per svecchiare l’immagine del Circus e per attrarre un pubblico da far crescere insieme al brand. Non ha pensato di accorciare la durata dei gran premi, ma ha scelto di raccontare, dall’interno, le storie delle persone che animano la Formula 1 e lo ha fatto con una serie Netflix, Drive to Survive, giunta alla terza stagione. I risultati? Tra il 2019 e il 2020 l’engagement sui Social Media è cresciuto del 99% e il pubblico tra i 16 e i 35 anni è cresciuto del 77%.

 

Si tratta di una risposta complessa, allo stesso problema complesso.

 

5. Le possibili soluzioni 

Due approcci così differenti ad uno stesso problema riescono a fotografare estremamente bene lo scenario attuale. Produrre contenuti di qualità è, ancora oggi, molto più utile che puntare sulla quantità, anche se questo vuol dire fare più fatica.

 

Per farlo è possibile sfruttare i media che io definisco “lenti”, ad esempio i podcast.

 

La voce che fa a meno delle immagini e che permette a chi ascolta di concentrarsi sul contenuto. Proprio per questo Baasbox ha scelto di produrne uno, Space in a Box, in cui raccontiamo noi e il nostro lavoro che puoi ascoltare su tutte le principali piattaforme di podcasting. Qui ti lascio il link a Spotify.

 

Per chiudere però è necessaria un’ultima raccomandazione. Rallentare e produrre contenuti di qualità vuol dire aver ben chiari elementi fondamentali che riguardano l’identità più profonda del proprio brand come valori, mission e vision. Ed è per questo che la loro definizione è al centro di tutte le nostre strategie di branding e communication design.

 

Un ultimo, semplicissimo, consiglio per affrontare al meglio l’attuale scenario: comunicare meno, comunicare meglio.

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